Hornwood Fell – Damno Lumina Nocte
Dant vulnera formam, le ferite modellano. Il celebre motto d’annunziano è preso come spunto dai fratelli Basili, per il loro quarto album sulla lunga distanza, “Damno Lumina Nocte”, la cui tracklist consta di sette composizioni, tutte intitolate, appunto, “Vulnera”. Seguendo coerentemente il percorso stilistico tracciato dall’Ep “Inferus”, gli Hornwood Fell mostrano che quest’ultimo non era un mero guizzo sperimentale d’indurimento del sound, ma una precisa intenzione di evoluzione artistica, che, rispetto agli esordi, privilegia ora trame compositive ben più complesse e stratificate, in grado di evocare atmosfere cupe, soffocanti e vertiginosi abissi psicotici.
Andavald – Undir Skyggðarhaldi
Gli Andavald sono un nome nuovo, nell’apparentemente inesauribile bacino black metal islandese, capace di sfornare senza soluzione di continuità band ed album sempre validi, come è il caso di questo “Undir Skyggðarhaldi”, debutto assolutamente competente e in grado di stare al passo con altri affermati nomi della scena, isolana e non solo. Tendenzialmente più atmosferici degli Svartidauði e meno sulfurei dei Sinmara, gli Andavald hanno dalla loro una schiettezza e un’immediatezza che può rappresentare, forse, la loro personale carta vincente identitaria.
Fondato come progetto solista nel 2015 dall’australiana Emily Highfield, Suldusk intesse i toni acustici tipici del dark folk con elementi post rock e atmospheric black metal, per creare un potente panorama di chitarre distorte, melodie acustiche e notevole densità atmosferica, il tutto a supporto della vocalità cristallina ma altrettanto potente della Highfield, a suo agio anche nell’incarnazione live, spesso tallone d’achille di progetti assemblati solamente al tavolo di regia.
Il tema in sottofondo dell’album di debutto, “Lunar Falls”, riguarda il vivere ai margini della società e l’intollerabile sofferenza e sacrificio nella ricerca della propria identità. Come caratteristico in questo genere, la natura fornisce gran parte dell’ispirazione lirica, come fonte di rifugio e guida, durante questa ricerca esistenziale.
Power trio formato da membri di Falls of Rauros, Obsidian Tongue, Feral e Blood of the Gods, gli Shabti si dedicano a un progressive death metal, sapientemente forgiato per essere incisivo e aggressivo, senza risultare onanistico. “Trembling And Shorn” è il loro secondo album, dopo uno iato di 6 anni dal debutto, “Paracusia”, superato nettamente, in termini qualitativi. Con un’attitudine che privilegia l’impatto frontale e l’immediatezza di scuola thrash (“My Doppelganger”), ma che non disdegna composizioni più strutturate e mutevoli (“Below Deck”), il lavoro degli Shabti può interessare un’ampia frangia di ascoltatori, che incrociano le diverse rotte del metal estremo.
Dell’ormai celebre querelle polacca fra Krzysztof Drabikowski e Bartłomiej Krysiuk, per la paternità, o, meglio, il possesso dei Batushka, si è scritto e detto tutto, sia in un senso che nell’altro. Appare chiaro che l’aura di mistero e l’effetto sorpresa suscitato da “Litourgiya”, nell’ormai lontano 2015, è comunque un exploit irripetibile, ma resta ancora da stabilire se i due contender, entrambi rimasti attivi con una propria versione, e medesimo monicker, della band, siano o meno in grado di rivaleggiare con tale, illustre passato.
“Панихида” è il debutto della versione di Krzysztof Drabikowski (a.k.a. Derph), per molti considerato il vero possessore dell’identità artistica dei Batushka, in quanto responsabile di chitarre, basso, songwriting e lyrics, sull’album precedente, con il “buon” Bart relegato a ruolo di opportunistico speculatore discografico, dotato di poco o nullo talento artistico. Scrivere la parola fine a questa telenovela metallica è ancora prematuro, occorre quantomeno aspettare e ascoltare “Hospodi”, in uscita a luglio sul colosso Metal Blade, ma è indubbio che “Панихида”, sebbene di fattura più grezza e DIY, rievoca decisamente i fasti del passato, avvalorando la tesi di cui sopra.