I polacchi Mord’A’Stigmata rappresentano un progetto piuttosto sui generis, pur nel composito scenario post-black attuale, popolato da entità in grado di ibridare e (con)fondere coordinate stilistiche storicamente definite da una certa distanza di fondo (penso al folk, all’elettronica e allo shoegaze), garantendone l’unità di fondo attraverso una matrice nera, fatta di oscurità interiore e differenti tonalità di ombre.
Secondo questo modo di vedere le cose il post-black appare più che altro uno filtro attraverso cui interpretare il buio del mondo e della vita, in modo certo non dissimile da certi cantautori “maledetti”, come Cave e Waits, oppure, per rimanere più vicini al metal, a pesi massimi come i Neurosis.
In questa descrizione sommaria i Mord’A’Stigmata si ritrovano perfettamente, soprattutto alla luce di quest’ultimo “Hope”, loro quarto full-length album, ormai a considerevole distanza dal precedente “Ansia” (2013), di cui può comunque essere a buon diritto considerato il compiuto successore spirituale.
Rispetto alle prime prove discografiche (“Überrealistic”, 2008) il gruppo ha negli ultimi anni mostrato un approccio agglutinante, che si traduce in lunghe e articolate composizioni, spesso oltre la soglia psicologica dei 10′, in cui l’aspro e ruvido chitarrismo di Golem XIV e Static (in forza anche ai notevoli Morowe) è la colonna portante di un sound materico ed espressionista, con le vocals profonde e arcigne di Ion come un flusso (nero) di coscienza.
Dei quattro brani presentati l’opener e title-track è non a caso la più indicativa e complessiva dimostrazione dell’impasto sonoro firmato Mord’A’Stigmata, un abisso nero in cui ribolle un calderone di pece dagli oleosi riflessi cangianti, dal cui movimento, o forse dai cui effluvi, si rimane facilmente soggiogati (cfr. “The Tomb from Fear and Doubt”).
La proposta è indubbiamente di alta qualità, sia a livello compositivo che tecnico, e perciò risulta un lavoro particolarmente interessante, per coloro i quali gravitano attorno a consumi sonori che vanno dal post-core allo sludge, intersecando il black in più di un’occasione, dando così ulteriore prova della grande vitalità della scena estrema polacca, assieme a solide realtà quali Batushka, Mgła, Cssaba, Furia, Plaga, etc…
Mi hai incuriosito… Good.
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